LUMIÈRE DE SPECTACLE, programma di ricerca ospitato dal Laboratoire CEAC, Centre d’études des Arts Contemporains, Université de Lille
CODIRETTO DA CRISTINA GRAZIOLI E VÉRONIQUE PERRUCHON
LUMIÈRE MATIERE
LILLE NOVEMBRE 2019
VENEZIA GENNAIO 2020
Si tratta di un convegno franco-italiano organizzato in due fasi, che si svolgeranno rispettivamente presso l’Università di Lille (7-8 dicembre 2019) e la Fondazione Giorgio Cini di Venezia (16-17 gennaio 2020), in collaborazione con l’Università di Padova e l’Istituto per il Teatro e il Melodramma di Venezia. Organizzato dal gruppo di ricerca “Lumière de Spectacle” (LdS), accolto dal Laboratoire CEAC dell’Università di Lille e diretto da Véronique Perruchon (Università di Lille) insieme a Cristina Grazioli (Università di Padova).
L’obiettivo principale del programma LdS consiste nel creare e promuovere un territorio di ricerca e di riflessione in ambito accademico, focalizzato sulla luce scenica a partire dalla sua dimensione artistica. Da tale contesto non si considerano scindibili gli aspetti tecnici relativi all’illuminazione scenica, tanto da una prospettiva storica che come oggetto di riflessione nelle estetiche del contemporaneo.
Questo primo convegno (al quale seguiranno altri appuntamenti, nel periodo 2019-2024) si propone di affrontare la questione della « luce materia » nella sua interazione con le componenti sceniche (corpo, colore, movimento, testo, suono, spazio, tempo).
L’indagine, incentrata prioritariamente sulle arti performative, potrà essere proficuamente integrata da contributi provenienti da altri ambiti scientifici, in relazione al tema proposto.
Stato dell’Arte
« Lumière matière » / « Luce materia » non è un binomio scontato. La luce è spesso oggetto di un approccio unilaterale, che scinde il versante tecnico da quello estetico; nell’ambito artistico si rivela invece di estremo interesse uno sguardo che fonda insieme le due prospettive, considerando la luce tanto nella sua materialità, e dal punto di vista tecnico, quanto nella sua immaterialità e nella sua potenzialità evocativa. A questa ambivalenza fa eco l’alternanza, nella storia della fisica, tra luce corpuscolare e luce ondulatoria.
In ambito storico-critico, quando la luce è considerata come “materia”, viene in genere assimilata al campo della arti visive ed è indagata con gli strumenti dell’iconologia. Ci si interroga circa la modalità secondo cui essa illumina un oggetto rappresentato all’interno di un’opera pittorica, si va alla ricerca dei significati che trasmette. Si citino almeno gli studi sull’ombra di Victor I. Stoichita, o l’ormai classico Shadows and Enlightenment di Michael Baxandall, ma anche l’analisi di un “creatore” come Max Keller, Faszination Licht: Licht auf der Bühne. Vasto si dimostra anche l’interesse per i fenomeni fisici legati alla luce e per la costruzione del campo visivo, sia nell’immagine bidimensionale che nelle installazioni (Olafur Eliasson tra i contemporanei, ma molti altri anticipatori alla metà del Novecento – si pensi all’opera di Bruno Munari o alle creazioni di Nicolas Schöffer, solo a titolo d’esempio).
Quando si indaga l’immaterialità della luce, essa viene analizzata con gli strumenti della filosofia legati generalmente all’ambito degli studi sull’immagine. Ci si interroga, per esempio nel caso di Georges Didi-Huberman, sui fenomeni dell’apparire e del visibile, sino a spingersi, come nel caso di Max Milner, dentro al campo insondabile della rappresentazione del mondo a partire dal mito della caverna di Platone.
Ulteriore ambivalenza della luce è la sua doppia dimensione tecnica ed estetica, definitasi nel corso del XIX secolo intorno al dibattito tra la necessità di illuminare per rendere chiaramente visibile la scena (una luce “funzionale”) e l’urgenza di scelte estetiche o drammaturgiche. La questione si evolve nel corso del XX secolo, articolandosi secondo modalità complesse tra due polarità implicate dall’approccio al fenomeno luminoso, l’arte e la tecnica (C. Grazioli, 2008). Alternanza che risolve l’apparente contraddizione tra i due regimi della luce: il versante funzionale insito nel termine francese “éclairage” e la sua potenza creatrice ed evocatrice incarnata, già a partire da Appia, dal termine “lumière” (e qui si innesta un ulteriore versante di possibili indagini, quello dell’analisi comparativa della terminologia della luce – basti pensare alla differenza di implicazioni del lemma italiano “illuminazione” rispetto a “éclairage”).
Comunque, è indubbio che la dimensione tecnica dell’illuminazione scenica ha costituito un ostacolo all’interesse che essa merita come oggetto di studio. Affrontare la luce nella sua materialità scenica porta ben presto a scontrarsi con questa difficoltà. Si spiega in parte perché si sia privilegiato lo studio della luce come dato immateriale, e spesso ricorrendo all’uso di metafore. È ciò che invita a fare la dimensione sensibile e sensoriale della luce nelle arti visive, e in particolare nelle opere di James Turrell, dove l’osservatore/spettatore/fruitore penetra per provare e percepire gli effetti dell’interazione con la luce. Seppure lo spettatore dell’evento performativo resti fisicamente a distanza dalla scena e dunque dalla luce, egli è portato a fare ricorso al linguaggio poetico per parlare dell’effetto che “sente”: si tratterà allora di atmosfera, di ambiente, di sensazione. Il convegno si propone di studiare la materialità della luce nella sua interazione con le componenti sceniche, la sua concretezza e la sua immaterialità, anche nella dimensione del “buio” (V. Perruchon, 2016), che si tratti di luce diffusa o diretta, di origine digitale o naturale. Sia essa codice scenico o metafora, è possibile affrontare la dimensione estetica della luce in scena concretamente, senza negare la componente speculativa che essa evoca. Il convegno «Lumière Matière» / «Luce materia» sarà un’occasione per costruire una riflessione su questi temi e per definire gli strumenti che consentano di parlare di luce scenica e di coglierne la peculiarità all’interno dei diversi coefficienti spettacolari. L’indagine sulla dimensione materiale e la vocazione immateriale della luce sarà aperta alle risonanze possibili con i contesti della fisica, delle arti visive, dell’estetica.
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